L'arte e la fede del popolo terlizzese nei secoli


 16/06/2014  |     a cura di Simona De Leo  |    942  |   Iniziative - Eventi



S.E. Mons. Felice di Molfetta, Vescovo di Cerignola-Ascoli Satriano apre l'evento di inaugurazione degli affreschi

Sono lieto di essere con voi, carissimi amici, e quando don Paolo mi ha chiesto questa cortesia ero pieno di impegni, ma  non potevo dire di no quando ci sono inviti che riguardano la nostra realtà nativa. L’impegno assegnatomi è ambizioso “l’arte e la fede del popolo terlizzese nei secoli”. Cercherò  di darvi le chiavi di lettura con le esemplificazioni relative a questo tema così significativo. È necessario entrare nella riscoperte della via pulcritudinis nell’ambito del cammino di fede che la chiesa è chiamata a compiere.  E in questa dimensione della bellezza, partendo da Lui che è il Bello per eccellenza.
La nostra piccola storia non è chiusa nel suo piccolo angusto perimetro, ma si inserisce nella grande storia i cui contenuti vengono da lontano; inserire la microstoria nella macro storia che viene da tanto lontano, perciò vi riporto tre testimonianze per comprendere il rapporto arte e fede tenute insieme da un indissolubile e imprescindibile filo d’oro.

Il primo riferimento è al Vangelo: “ Se un pagano viene e ti dice vieni e mostrami la tua fede tu portalo in chiesa e fagli vedere la decorazione di cui è ornato l’edificio e spiegagli la serie dei quadri.”
Però non poteva mancare un riferimento a Paolino da Nola, padre molto caro che ha curato con attenzione il culto di San Felice di Roma. Paolino esplicita la funzione didattica dell’arte espressa nelle immagini: “La maggioranza dei fedeli viene dalla campagna e pur non essendo priva di spirito religioso è incapace di leggere, mi parve cosa utilissima colorir tutte le pareti del tempio con sacre pitture. Son certo che molti sguardi di questi agricoltori si affisseranno in esse e da quelle immagini dipinte apprenderanno quella verità che si può sol conoscere attraverso la lettura.”
Attingo dal Pontificale Romano, la sintesi del cammino arte e fede: “ Il luogo sacro come spazio dedicato all’evangelizzazione e al culto offre alle arti visive un’occasione e un invito ad esprimere nel colore e nell’immagine i segni della fede e i vialetti della salvezza, sia nelle forme più didascaliche e narrative come nel caso del chiostro, sia nelle icone che in modo più intenso integrano il mistero del Dio invisibile rivelato nel verbo fatto uomo e testimoniato dai suoi santi.”. C’è un nesso fortissimo tra il luogo sacro come luogo di evangelizzazione e il richiamo nativo di questa evangelizzazione che è dettato dal mistero dell’incarnazione, cioè il verbo assume la carne e diventa rivelazione, epifania del mistero, la sua carne diventa il veicolo di questa comunione tra le realtà terrene e quelle del cielo.
Questa sintesi del Pontificale Romano la dice lunga sul momento in cui si va a progettare la chiesa, ad arredare e su come e quando deve essere arricchita di elementi, che non poche volte sono di natura kitch. Nelle chiese contemporanee c’è molto da discutere anche per quello che riguarda la suppellettile di scarsa rilevanza artistica e in riferimento al mistero. Questi tre riferimenti ci fanno entrare in un modulo non sempre noto, dovremmo conoscere quello che è avvenuto nei secoli.

L’arte è la lingua materna della fede terlizzese dal Medioevo ad oggi. Più che il valore è il valore iconografico che con il suo linguaggio ha istruito, educato e guidato la nostra gente a parlare di Dio e su Dio. Il “vaniloquio” oggi ci prende fin nelle ossa dimenticando che più che le parole sono i gesti, sono gli eventi che si toccano con mano nella loro corporeità , nella loro carnalità come avvenuto per il verbo che facendosi carne è diventato cardine della salvezza.
L’arte, facendola rientrare nel discorso dell’incarnazione, ci permette di entrare nella sua vera natura, di parlare di Dio e su Dio con tutto ciò che vediamo e tocchiamo con mano. Questo patrimonio ha rappresentato, sto parlando della lingua materna, il latte succhiato dai nostri padri nel seno di questa grande madre che è l’Ecclesia Sancti Angeli. È come l’alfabeto appreso da sì nobile padre nel processo cognitivo.
Non l’arte per l’arte, ma nella sua funzione didascalica, didattica. Le scienze umane ci dicono che i piccoli prima di udire vedono, il vedere ci porta ad una relazione con l’alterità che con l’udire ci mette davanti il vedere la luce. Riferimenti fondamentali questi, per poter capire ciò che vogliamo esprimere e ciò che gli altri hanno espresso attraverso questa galleria d’arte e di fede. La visione genera l’ascolto di una narrazione; il recupero oggi, a livello didattico, del raccontare del narrare è la Via Pulcritudinis è  la via maestra di questo racconto, di questa narrazione. Il rapporto Arte e Fede deve mettersi in questo trinomio: Evocare (chiamare da lontano) Rappresentare (rendere presente) e Suscitare.
Quando si affida un’opera ad un artista, se l’ artista non ha questo codice e se non entra in questa dinamica è un agiografo. Evocare, attingere dalla realtà che ci precede e mentre si evoca la si rende presente anche perché, nella concezione orientale, l’icona racchiude in sé una presenza reale. L’iconografo prima di dipingere prega, digiuna ed è nella convinzione del popolo vedere nell’icona una presenza reale. Noi vediamo la presenza reale nell’Eucarestia. L’immagine deve suscitare emozione coinvolgendo tutta la nostra corporeità, vedere con gli occhi e contemplare con il cuore facendoci assaporare il gusto di un manufatto e immergerci nelle luci ,nelle ombre nei colori e perfino nella duttilità della pietra.
Gli occhi che con il cuore contemplano le meraviglie nate dall’estro dell’artista. Tutto questo è avvenuto nel tempo , nello spazio della nostra piccola città. L’icona in senso ampio ha un compito educativo, è nata per condurre il vedente in un incontro coi il Totalmente Altro, instaurando una relazione con l’Alterità. L’icona racconta con forme e colori con volumi e spazi un frammento del mistero della vita e della vita di Dio. Tutto ciò che abbiamo attorno sono frammenti di un mistero in quel processo di rivelazione e di vera e propria Epifania. Il mistero è sempre Epifania di luce, quale quello di Dio. Ogni soggetto iconico parla di chi l’ha creato, ma evoca in chi lo osserva e lo contempla un universo di emozioni, pensieri ,di vissuti normali vicini e presenti. Nelle grandi gallerie ci sonio spazi riservati solo per quel pezzo e dove il visitatore si siede, contempla ed entra in comunione. Il critico d’arte utilizzerà i suoi schemi, colui che viene dalla fede comincia a capire tutta la struttura, l’impianto, i colori tutto ciò che ha rimandato a quella scena narrativa. In ognuno di fronte alla bellezza creata alla luce dell’increata bellezza, l’arte suscita emozione profonda, almeno per chi è abituato ad entrare nell’arte con questi sentimenti emozionali.

Terlizzi ha da raccontare con il suo ricco patrimonio.
Se consideriamo il collegamento di quello che costituisce la nascita della nostra città con Cesano, questa chiesa proto romanica dove si trova una Deisis (dal greco δέησις, "supplica", "intercessione") che costituisce il punto di convergenza del primato dell’avvocato del Signore del cielo della terra, del tempo e dello spazio e nello stesso tempo Giovanni e Maria in atteggiamento di supplici. Questo latte succhiato dalla chiesa materna dal medioevo ci mette di fronte a questa icona stupenda della Deisis tanto cara al mondo orientale. Non dimentichiamo l’icona della Madonna di Sovereto che guida coloro che guardano quell’immagine invitando con la mano a guardare Gesù. L’arte come la fede non privilegia la madre, ma la Madre e il Figlio. Colei che indica la strada, e la strada è Gesù Cristo. Arte e fede unite da un filo indissolubile che non può essere scisso.
Il Portale di Anseramo da Trani, è una sintesi di teologia sacramentaria. L’architrave è fatto per sostenere e lì vi troviamo l’Annunciazione dove Maria appare nell’arte di filare, ecco il riferimento ai Vangeli apocrifi. La cadenza movimentata di questa grotta con la stella, la Natività e poi i Magi in questo movimento. Però c’è l’ultima immagine del Cristo colto nella sua regalità e come il Cosmocrator , dove la luna e il sole di fronte all’evento della morte rimangono inorriditi, mentre Lui muore per far risplendere la Creazione. Nell’arte medievale il Cristo è sempre accompagnato da queste dure realtà cosmiche. Questi eventi salvifici: l’Annunciazione, la Natività, l’Epifania, la Morte, che nella concezione medievale giovannea è già Resurrezione, sono la predisposizione per reggere l’evento dell’Ultima Cena che stando sotto gli occhi di coloro che la guardano deve evocare l’Eucarestia. Capite la sacramentaria; gli eventi salvifici fanno da base alla realtà sacramentale della cena che ci rimanda a quella della chiesa, il Pane, il Vino l’Eucarestia. Sculpendo benitus, Anseramo doveva conoscere bene la dimensione teologica!
Santa Maria la Nova edificata con intelligente committenza dai frati, custodisce un Pordenone, un Savoldo che sono esempio di scambio culturale nella terra cinquecentesca. La fastosa cornice della Madonna del Rosario, secondo lo schema di San Pio V, nell’ambito della descrizione del rosario nella vittoria di Lepanto. E il chiostro del 1600. La chiesa di Santa Maria ci offre ricchezza pittorica e di materiale ligneo che ci permette di guardare con stupore . Chi guarda, entra in empatia, oggi abbiamo dimenticato che questo materiale viene dalla Bibbia, una storia che diventa bibbia.

Terlizzi in ogni chiesa ha un frammento di cielo rivestito di luce e colore.
L’affresco parietale nell’abside nella chiesa dell’Annunziata, nel tempo ha nutrito la nostra gente guardando e redendo. Santa Lucia con le due pale di San Pietro e San Paolo sono davvero straordinarie, sotto gli occhi di tutti .
Che dire di san Gioacchino e le sue sculture lignee, anche la pavimentazione è importante. Sulla pedana dell’altare ci sono delle mattonelle maiolicate attribuite all’officina Laterza. Nulla era lasciato al caso. Tutto doveva raccontare la bellezza di ciò che serviva al culto. Nell’Immacolata, poi, l’arte e la fede hanno avuto un ruolo determinante.
L’artista partecipa alla rivelazione del mistero, mi piace chiamarlo agiografo. Nella nostra cultura paesana ricordiamo Antonini, Colombo, Volpe padre e figlio, con le tante sculture lignee presenti nella nostra città e fuori La firma del Volpe è presente sulla scultura lignea dell’Addolorata che si trova a Portanuova, nella mia diocesi.
Ricordiamo Michele de Napoli distintosi a livello religioso e civile, con i suoi dipinti che furono largamente apprezzati dalla critica dell’epoca. Di pregio anche il lavoro degli artisti moderni Sforza Lucia, la giovinazzese Pansini, Maria Bonaduce con Giovanni. L’arte non si esaurisce nel Medioevo, nel Barocco nel Rinascimento, nell’800, ma si evolve nel moderno. Le chiese non sono luoghi da musealizzare, non andremmo avanti. Il Signore del tempo dello spazio si serve di tutti per evidenziare la sua Epifania di bellezza.
Cari amici ricordiamo che nel mondo della fede ogni genere di immagine è stata una via all’educazione vista nella prospettiva dell’Incarnazione. Essa, l’icona fa emergere, unisce e collega una storia personale, quella dell’autore, del committente e una storia più grande e che è rappresentata dalla Sequentia Sancti Evangelii cioè la continuazione della notizia del Cristo fattosi carne, il più Bello.

Terlizzi un mirabile scrigno di arte e fede da custodire e promuovere, lo ieri deve spingerci verso il futuro, nella speranza che sia luminoso e fecondo come il passato.


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