La Bibbia dei Frati


 31/05/2014  |     Vincenzo de Chirico - Giuseppe Chiapparino  |    2061  |   Arte



Le storie della Genesi negli affreschi ritrovati del chiostro dell’ex convento dei Minori Osservanti

 
Il sito: le origini, la storia, l’architettura


 
L'istituzione del Seminario di Terlizzi si innesta nella metà dell'800 sulle vicende dell'ex complesso conventuale dei Frati Minori Osservanti di San Francesco, che sorgeva nell'immediato entroterra del Borgo cittadino. Il grande complesso fu costruito nel 1500 sotto il patronato di Francesco II Orsini Del Balzo duca di Gravina e conte di Terlizzi e si componeva di una grande chiesa a pianta basilicale a navata unica con cappelle laterali e del convento a servizio della comunità francescana.
La chiesa annessa al convento, denominata S. Maria La Nova, iniziata su modelli tardo gotici, andò modificandosi già sul crescere per poi assumere, nel corso del ‘600 e del ‘700 ed infine dell'800, l'assetto formale e strutturale pervenuto fino ad oggi. Infatti, fin dalla seconda metà del '500 e soprattutto nel '700, la nobiltà locale aveva cominciato ad erigere all’interno delle cappelle laterali della chiesa lussuosi sacelli gentilizi con conditorio privato, mentre nella navata si estendeva quello comune destinato al popolo, tant'è che la chiesa rappresentò il sepolcreto cittadino per antonomasia, dopo la Collegiata di S. Michele Arcangelo. La facciata fu completamente restaurata in stile neo-classico ed ampliata di due campate nel 1851, durante il periodo in cui la chiesa acquisì il ruolo di cattedrale ad interim mentre si procedeva all’erezione del nuovo duomo in sostituzione di quello medioevale.
Nel 1811 fu soppresso l'ordine degli Osservanti, in conseguenza del decreto murattiano riguardante la soppressione nel Regno di Napoli degli ordini monastici, e il complesso conventuale attiguo alla chiesa, incorporato nel pubblico demanio, fu acquistato dal Comune nel 1812 e successivamente adibito a carcere e casa comunale. Con l'istituzione giuridica della Diocesi di Terlizzi nel 1836 si ponevano le basi per la realizzazione del Seminario in parte dei locali dell' ex convento, che vennero donati per tale uso dal Comune alla nuova Diocesi nel 1840. Subito dopo vennero avviati i lavori di sopraelevazione e di riattamento dei vecchi locali, lavori che si sovrapposero quasi completamente alle vestigia conventuali e si protrassero per una ventina d'anni, contestualmente all’ampliamento della chiesa. L'istituzione del Seminario, a causa delle precarie condizioni economiche, ebbe una vita abbastanza breve che si concluse nel 1861, allorquando, con la relativa chiusura, gli alunni furono trasferiti nel vicino seminario di Molfetta.

Il chiostro dei frati Osservanti
Quando gli Osservanti andarono via dal convento l’edificio doveva essere ben diverso da quello che oggi vediamo. C’era inoltre ancora l’ampio giardino esterno che si estendeva su tre lati fino all’ attuale Largo La Ginestra ad Est, alla via per Sovereto a Sud e a via Michele Sarcone sul lato Nord. Tale area sarà poi lottizzata a metà ottocento per dar vita al quartiere d’età Murattiana della città di Terlizzi sorto su una maglia a  regolare scacchiera.


 
Il chiostro aveva le dimensioni attuali ma probabilmente non tutte le sue ali si svolgevano su due piani fuori terra. E’ ipotizzabile che fosse stata sopraelevata solo l’ala prospiciente la chiesa sulla cui finestra centrale si legge la data 1740. Inoltre era mancante tutto il corpo del seminario che dall’attuale largo don P. Pappagallo conduce fino all’atrio interno. Mancando inoltre le due campate che nel 1851 ampliarono la chiesa verso Ovest è molto probabile che la porta esistente nell’angolo Sud-Ovest prospettasse direttamente verso l’esterno del complesso monastico in direzione del centro urbano. Il chiostro aveva uno spazio porticato su quattro lati ognuno costituito da cinque fornici mentre lo spazio centrale esterno doveva essere piantumato a giardino e presentare la bocca di una grande cisterna per la raccolta delle acque meteoriche.
Sono attualmente in corso sotto l’alta sorveglianza della Sopraintendenza per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico  i lavori che stanno portando alla luce il ciclo pittorico che decorava i prospetti interni dell’ambulacro. A parte la prima lunetta presente nell’angolo Sud-Est al di sopra dell’accesso alla sacrestia che rappresenta la Creazione del mondo , le altre già venute alla luce, a partire dall’angolo opposto Sud-Ovest raccontano in otto scene la vita del patriarca veterotestamentario Giuseppe.

Dai saggi svolti è emerso che gli affreschi si conservano ancora sotto più strati di scialba ture a calce su tutto il lato Ovest dell’ambulacro e con certezza almeno nelle prime tre campate del lato Nord. I lavori sin qui eseguiti sono stati portati avanti dalla ditta ACHG di Annamaria e Giuseppe Chiapparino con autorizzazioni della Soprintendenza PSAE datate 15 Luglio 2005, 17 Gennaio 2007 e 17 Ottobre 2011. E’ da rilevare che allo stato attuale rimane ignoto quale fosse il programma iconografico della decorazione pittorica: come accennato le otto lunette sulla vita del patriarca Giuseppe sembrano suggerire la conclusione del racconto biblico (differentemente da quello che avviene nel chiostro della convento degli Osservanti di S Maria dell’Isola a Conversano in cui tutti e quattro i lati presentano il racconto completo dello stesso personaggio). Si potrebbe ipotizzare che ogni lato ospitasse la storia di un patriarca israelita a partire dalla creazione del mondo e a significare la prefigurazione dell’avvento del Cristo.
E’ da rilevare come l’inserimento del corpo del seminario ad Est sia significato l’abbattimento completo del lato del chiostro e la conseguente irrimediabile perdita del ciclo pittorico. Rimangono i peducci di imposta delle volte sulla facciata interna come segno dell’esistenza di un quarto lato porticato mentre il portico attuale è coevo alla costruzione della fabbrica ottocentesca. Per quel che riguarda la datazione degli affreschi, infine, si può ascrivere la loro paternità a più mani e individuarne la esecuzione nei primi anni del XVII secolo. Forse è da prendere in considerazione una data presente sulla facciata laterale Sud della chiesa di S. Maria in cui si ricorda una completa ristrutturazione nell’anno 1619 che sembra coincidere con la cifra tardo-manierista degli affreschi in oggetto.
 

Le tecniche esecutive
Dalle indagini preliminari è emerso che i dipinti murali del chiostro sono  stati realizzati con la tecnica del mezzo-fresco  che consiste nel  dipingere le campiture fondamentali ed i fondi su intonaco fresco ( steso  su porzioni di muratura molto più estesa rispetto alle  “ giornate”  della tradizione medioevale e rinascimentale ) mentre gran parte di dettagli e particolari  venivano eseguiti su intonaco asciutto con i pigmenti  stemperati nel latte di calce. Rispetto al buon fresco, ovviamente, i dipinti realizzati a secco sono molto meno resistenti e più esposti a fenomeni di degrado e di esfoliazione.
Lo studio degli intonaci su cui i dipinti sono stati realizzati ha consentito di comprendere la loro composizione  e la loro stesura; costituiti di sabbia ,  calce e diversi tipi di cariche (inorganiche – cocci frantumati ed organiche – paglia)  furono applicati sulle murature per “pontate”  ovvero ampie fasce orizzontali che seguivano l’andamento dei ponti (ponteggi).
 

Altre informazioni interessanti  desunte dalle indagini preliminari ci hanno consentito di comprendere  le tecniche di trasporto del disegno e di ripartizione spaziale utilizzate dall’artista  nell’impostare le singole lunette; le superfici sono, infatti, scandite ed attraversate da solchi e incisioni dirette, realizzate con uno stiletto sull’intonaco umido per tracciare i  riferimenti spaziali ed architettonici utili per organizzare la scena da eseguire.


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