Avvento: una strada da percorrere


 01/01/1  |     don Michele Amorosini  |    729  |   Spiritualità



Meditazione per la II domenica di Avvento 2020

Carissimi,
le letture odierne sono dominate da una metafora, quella della “strada”. Isaia si rivolge a un popolo sfiduciato, il popolo ebraico in esilio a Babilonia, che deve essere consolato aiutato a mettersi in marcia; occorrono profeti capaci di parlare al cuore, profeti di fiducia e non di sventura. La Chiesa è un popolo che si forma mettendosi in cammino. In questo momento particolare della storia del mondo è perciò importante l’incoraggiamento che ci giunge dal messaggio profetico. Il messaggio centrale del testo di Isaia è la venuta di Dio: «Ecco, il Signore viene» (v. 10). Soltanto il Signore sa veramente consolare, nel cambiare la condizione del popolo, eliminando la schiavitù (v. 2) e presentandosi come il pastore che guida il proprio gregge adattandosi al cammino di ciascuno (v. 11). Solo Dio può consolare, ma agli uomini spetta il compito di farsi portavoce e messaggeri della sua consolazione (v. 1-2). La consolazione di Dio, però, non esclude che l’uomo faccia la sua parte. Ecco perciò l’invito a «preparare la strada nel deserto»; letteralmente si intende la via che dall’esilio di Babilonia riporta gli ebrei a Gerusalemme, ma l’esortazione assume sicuramente un significato più ampio: bisogna aprire il cuore a Dio, in un movimento di vera conversione.

Anche le parole del Battista vanno in questa direzione, nel preparare i nostri cuori alla venuta di colui che battezza nello Spirito. Per Marco il vangelo di Gesù, che è Cristo e Figlio di Dio (v. 1), non si apre subito con la sua venuta, ma con un tempo di preparazione basato sull’ascolto della Parola; l’accoglienza della testimonianza del profeta Giovanni Battista è nel mettersi in cammino, come il popolo d’Israele nell’esodo, per accogliere il messaggio di conversione. È indispensabile il nostro operare ispirato a una fede profonda nella salvezza offerta da Dio, il nostro voler essere un popolo che si lascia attraversare dalla promessa del Battista, per essere poi in grado di convincere gli altri che la salvezza è vicina.

La lettera di Pietro ci ricorda che questo tempo è carico della presenza di Dio: la promessa di «cieli nuovi e terra nuova» genera in chi crede una vita di autentica santità, già essa stessa annuncio e segno concreto di quel mondo nuovo.

A tal proposito scrive H.J.M. Nouwen: «Se la pazienza è la madre dell’attesa, è l’attesa stessa ad arrecare nuova gioia nelle nostre vite. Gesù ci ha fatto intravedere non solo le nostre sofferenze, ma anche ciò che vi è al di là di esse. […]  Un uomo, una donna che non nutrano speranza nel futuro, non sono in grado di vivere creativamente nel presente.

Il paradosso dell’attesa risiede appunto nel fatto che coloro che credono nel domani sono in grado di vivere meglio l’oggi; […] che coloro che guardano con impazienza al ritorno del Signore, possono scoprire che egli è già fin d’ora qui, in mezzo a loro. È proprio nell’attesa fiduciosa e fedele dell’amato che capiamo quanto egli abbia già colmato le nostre vite». 


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