01/01/1  |  
 
don Michele Amorosini  |  
 1253  |  
Spiritualità
Questi è il Figlio mio, l'amato.
La liturgia della Parola della II domenica di Quaresima ci fa contemplare la luce che Cristo trasfigurato irradia dalla sua persona: è uno squarcio di cielo, un raggio di luce eterna che tocca il cuore per aprire in esso la
ferita della nostalgia del volto di Dio.
Tutte le letture sono come percorse da un unico filo d’oro: quello del
dono di sé quale condizione della comunione vera con Dio.
Il Padre mette alla prova Abramo che risponde nell’obbedienza della fede. A ciascuno di noi viene richiesto il sacrificio del proprio Isacco. La Parola ci fa intuire che questa è la via per partecipare alla stessa realtà di Dio. Lo stesso Dio padre non ha risparmiato il proprio Figlio, l’amatissimo, ma lo ha dato per tutti noi. Cristo non ha considerato «un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio» (cfr. Fil 2,6), ma ci ha amato e ha dato se stesso per noi.
Nella trasfigurazione Gesù offre ai tre discepoli la luminosa visione, quasi a mostrare l’orizzonte su cui si apre l’oscuro
cammino della passione, quello della resurrezione.
La voce del Padre è la a confermare: egli è il Figlio prediletto che compirà il suo disegno; egli è il testimone verace che dobbiamo ascoltare. Verace quando è circonfuso di splendore, quando preannunzia la passione, quando chiede a chi lo segue di rinnegare se stesso e portare dietro a lui la propria croce.
Accedi per inserire un tuo commento